Dott. Bocci a me il compito di intervistarla al fine di far comprendere ai tanti suoi colleghi non facenti ancora parte della nostra rete, la tipologia di approccio che l’Associazione Nazionale Sentire le Voci attiva.
I disturbi mentali gravi, come la schizofrenia e altre forme di psicosi, comportano una vasta gamma di difficoltà psicosociali e biologiche che colpiscono non solo le persone stesse ma anche i loro amici, le loro famiglie e la comunità. Sia la ricerca empirica che i resoconti in prima persona affermano che è praticamente inevitabile che queste persone debbano affrontare una serie di difficoltà biologiche, sociali, politiche ed economiche. Un disturbo mentale grave spesso comporta anche una compromissione della capacità cognitiva di prestare attenzione, organizzare e richiamare facilmente il materiale all’interno del flusso di esperienze di vita momento per momento. Possono esserci anche esperienze sensoriali insolite o anomale, o convinzioni e interpretazioni disturbanti delle interazioni sociali.
Una delle linee di ricerca più importanti che ha fatto vacillare le precedenti convinzioni sulla malattia mentale riguarda il decorso e gli out-comes finali di tali disturbi. All’inizio si credeva saldamente che la speranza più ragionevole per le persone con disturbo mentale grave fosse quella di avere una vita in cui essi si “stabilizzassero” e fossero liberi da comportamenti, pensieri e sentimenti fortemente disturbati. La convinzione di fondo era che le persone con queste condizioni avessero difficoltà nel processo di recovery (guarigione, recupero) e poche possibilità di raggiungere una qualità di vita significativa e soddisfacente.
Un preambolo che suona come: sino ad ora si è pensato solo in questi termini e confini…?
Sì. Lavori recenti, però, hanno mostrato come queste ipotesi pessimistiche siano errate. Le ricerche basate su interviste a persone con diagnosi di disturbo mentale grave dimostrano che possono migliorare col tempo e trovare una qualità di vita accettabile, essendo non solo liberi dal controllo dei sintomi, ma conducendo una vita in cui sono significativamente interconnessi con le loro famiglie e la comunità.
Questo crescente riconoscimento del fatto che il recovery dalla malattia mentale grave sia possibile dovrebbe essere un messaggio d’emancipazione. Sfortunatamente, sembra che il campo della salute mentale sia tragicamente impreparato al compito di aiutare veramente le persone a realizzare ciò.
Oltre alla farmacoterapia, che è generalmente accettata come fondamentale ma insufficiente di per sé, gli attuali approcci terapeutici per le persone con disturbi mentali gravi sono in gran parte costituiti da interventi basati sulle abilità e pensati per affrontare problemi specifici come mancanza di competenze sociali, bassa autostima, scarsa conoscenza della nutrizione e negazione della malattia.
Sebbene siano certamente utili in determinate circostanze, questa lista sempre più ampia di interventi parcellari sembra faccia perdere di vista il fatto che il recupero sia una questione che coinvolge la persona nel suo insieme.
Quindi di quali modelli parliamo per gli addetti ai lavori?
La Metacognitive Reflection and Insight Therapy (MERIT) è un modello di psicoterapia individuale che è stato progettato per soddisfare le esigenze degli adulti che cercano di guarire da un disturbo mentale grave.
Tale modello si basa sulla premessa che aiutare le persone con gravi disturbi mentali a sviluppare una comprensione più articolata di loro stesse e degli altri consentirà loro di gestire meglio le proprie vite e raggiungere obiettivi e aspirazioni personali (Lysaker, Roe, 2016).
La MERIT è un modello integrato che può essere offerto da professionisti che lavorano con diversi background teorici. Offre a terapeuti cognitivi, comportamentali, psicodinamici, umanistici, esistenziali, sistemico-familiari, della riabilitazione psichiatrica o specializzati in altri specifici orientamenti la possibilità di incorporare tale approccio nella propria pratica clinica.
Benché la MERIT sia un approccio psicoterapeutico supportato dalla scienza, non è prescrittivo e non utilizza il tipo di metodologie block-step presenti nella maggior parte dei modelli di trattamento contemporanei. In un contesto in cui la maggior parte degli approcci terapeutici si concentra semplicemente su sintomi isolati, problemi specifici e una crescente serie di deficit, la MERIT si occupa della persona nella sua interezza.
In primis cosa dobbiamo prendere in considerazione?
Non possiamo quindi non prendere in considerazione il concetto di “Stile di Vita” di Alfred Adler, il primo psicoanalista a parlare veramente di “recovery”. Lo “Stile di Vita” è l’espressione coniata da Alfred Adler per definire l’impronta unica ed irripetibile di ogni individuo, costituita di tratti comportamentali, orientamento del pensiero, sentimenti ed emozioni, posti al servizio del fine ultimo perseguito. Da qui l’importanza di un approccio sempre più fenomenologico e teleologico quando parliamo di “recovery”.
Da qui fondamentali sono i lavori di Di Petta, Borgna ed ancor prima di Schneider rispetto a concepire la schizofrenia come un “processo” denso di significati intrecciati tra loro e non come una semplice “diagnosi”. La schizofrenia diventa quindi paradossalmente un “modo di essere con” da interpretare e ri-significare.
Nella dissociazione degli uditori di voci e nelle parole pronunciate dalle stesse vi sono moltissimi significati che possono essere decodificati e a noi esperti per esperienza riesce molto bene farlo, ma poi come spiegare la Rete costruita dall’Associazione Nazionale Sentire le Voci con i numerosi professionisti collaboranti?
Gran parte dei terapeuti che si stanno familiarizzando con il trattamento dei disturbi dissociativi sono alla ricerca di tecniche e quando si è di fronte alla complessità e a territori non familiari la cosa più naturale è chiedersi cosa “fare”: questi terapeuti scopriranno che il trattamento dei disturbi dissociativi include alcune tecniche molto pratiche che aiutano una graduale integrazione. Tuttavia le modalità relazionali di stare ed essere con il paziente sono la spina dorsale della terapia e sono, di per sé, interventi terapeutici essenziali.
Il nostro compito è quello di intrecciare e tessere, in modo continuo e senza soluzione di continuità, una combinazione coerente di interventi cognitivi, emozionali e somatici (cose da fare) con l’esperienza relazionale, nel momento presente, tra due essere umani, all’interno di una psicologia bi-personale.
Da qui si va a soddisfare quel “bisogno di tenerezza” primario del paziente, come ci descriveva Adler, che “mette in sicurezza” prima di tutto, per poi attivare in lui un “potere trasformativo” che integra conscio ed inconscio, mente e cervello. Questa interconnessione ci viene confermata dalle ultime ricerche nel campo delle neuroscienze affettive.
Pensiamo che probabilmente non esista un’altra terapia che sfidi il senso di competenza del terapeuta così profondamente come il lavoro con persone cronicamente traumatizzate e dissociate.
La dissociazione ha origine nella non-realizzazione del Sé.
Concludendo possiamo affermare che noi offriamo un modus operandi che parte dalla Psicologia Individuale di Alfred Adler, integrandola insieme ad una componente più metacognitiva (utilizzando tecniche evidence based sulle psicopatologie gravi, come la MERIT e gli studi inglesi sull’integrazione delle “parti del Sè” dissociate), unita ad una dimensione più analitica e dinamica, che prende in considerazione il linguaggio dell’inconscio, il simbolico, l’archetipico e l’antropologico (riferimenti a Jung ed alla fenomenologia moderna).
Il tutto collegato agli studi sulla psicotraumatologia e svolto in un’ottica di Recovery (superando la fase iniziale di stabilizzazione, che poi porta spesso alla cronicizzazione, e ponendo maggiori energie per un possibile “cambiamento” nello stile di vita del paziente).
Pertanto come possiamo definire il “movimento/cambiamento” che si vuole creare, una grande sfida?
La sfida è dunque quella di fornire una psicoterapia psicodinamica e fenomenologica delle psicopatologie gravi, che racchiuda anche la componente psicopedagogica/psicoeducativa ed esperienziale, basando il tutto sull’importanza della “relazione terapeutica”.
Dr Francesco Bocci
Psicologo, Psicoterapeuta
Responsabile Organizzativo della Didattica della sede di Brescia
della Scuola Adleriana di Psicoterapia Psicodinamica dell’Istituto Alfred Adler di Milano
Membro della Società Italiana di Psicologia Individuale
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
Psicoterapia metacognitiva delle psicosi. Guida alla Metacognitive Reflection and Insight Therapy
di Paul H. Lysaker, Reid E. Klion
Curatore: S. Cheli, G. Dimaggio
Editore: Franco Angeli
Collana: Pratiche comportamentali e cognitive
Anno edizione: 2019
Tipo: Libro universitario
Pagine: 212 p.
Manuale per l’analisi dello stile di vita
di Bernard H. Shulman, Harold H. Mosak
Editore: Franco Angeli
Collana: Psicoterapie
Anno edizione: 2008
Tipo: Libro universitario
Pagine: 272 p.
Oltre e di là dal mondo: l’essenza della schizofrenia. Fenomenologia e psicopatologia
di Arnaldo Ballerini, Gilberto Di Petta
Editore: Giovanni Fioriti Editore
Collana: Psicopatologia
Anno edizione: 2015
In commercio dal: 26 febbraio 2016
Tipo: Libro universitario
Pagine: 240 p.
La cura della dissociazione traumatica. Un approccio pratico e integrativo
di Kathy Steele,Suzette Boon,Onno Van der Hart
Traduttore: S. Dell’Aria Burani
Curatore: G. Tagliavini
Editore: Mimesis
Collana: Clinica del trauma e della dissociazione
Anno edizione: 2017
Tipo: Libro universitario
Pagine: 477 p., Brossura