Cosa sono

L’esperienza delle voci
Cosa sono?
Culture e prospettive differenti, diversi modi di spiegare le voci

Le voci, come mezzo di comunicazione tra gli uomini, dal mondo della musica a quello radiofonico, sono intese come “suoni generati per azione delle vibrazioni delle corde vocali”. Ma quando si parla di voci sentite inaspettatamente, esse non vengono contemplate come mezzo di comunicazione, a prescindere dalla loro origine.

Purtroppo quando queste divengono un problema, la medicina della Salute Mentale le studia in chiave soprattutto psichiatrica. Nell’ambito psichiatrico la voce è definita come “un’allucinazione prodotta da una percezione che attiva la nostra corteccia sensoriale in assenza di una corrispondente stimolazione dei recettori periferici”.

Un uditore di voci invece, quando sente una voce non si chiede cosa essa sia, perché, sentendola, non si pone questo dubbio. Semplicemente non si crede, in quell’istante, che vi possa essere un’assenza di una stimolazione corrispondente.
La voce pronuncia, nella maggior parte delle situazioni, parole esattamente nella medesima forma in cui le pronuncia qualsiasi uomo o donna, bambino o anziano. La fenomenologia del sentire, oltre alle voci, comprende anche i suoni, i rumori e le musiche.

Chi fa l’esperienza delle voci è considerato differentemente, anche a seconda del contesto sociale e culturale in cui vive. Nell’ambito psichiatrico ad esempio non viene preso in considerazione nemmeno quello storico, benché molti martiri e santi siano stati riconosciuti tali proprio anche in virtù di questa caratteristica del sentire le voci.

Nella cultura egizia sentire le voci dei morti era considerata un’esperienza normale. Jung, nei primi del ‘900, elaborò la sua idea dell’inconscio collettivo, considerando le voci come una manifestazione di un contatto con il mondo spirituale e inconscio che tutti noi condividiamo.

“Quando l’orecchio si affina diventa un occhio”.(Rumi, poeta e mistico persiano del XIII secolo)

Dove si sentono?
Le voci dentro di sé, le voci fuori di sé

Quando abbiamo un problema cerchiamo la soluzione fuori o dentro di noi. Voci interne, voci esterne: abbiamo visto che sono due modi di percepire le voci. Chi sente le voci fuori si sente come parte di qualcosa.
È come se le voci, parlandogli, lo facessero sentire parte di un qualcosa a cui, col tempo, può unirsi sempre più… Gli uditori raccontano di avvertire la sensazione che qualcuno senza permesso tocchi loro l’intimità della propria anima e del proprio cuore.
Sentire le voci dentro significa, troppo spesso, sentirsi colpevoli di quell’evento in quanto ci si sente intimamente partecipi a quel dialogo, anche se non lo si è di fatto. Sentire dentro fa sentire all’uditore quanto il proprio limite non possa diventare un largo orizzonte.
Chi sente da fuori non è più libero di chi sente da dentro. Il come e il dove si sente restano comunque sfumature di grigio in una tavolozza di colori disperati. Chi sente le voci a dieci centimetri dalle proprie orecchie, non soffre di meno rispetto a colui che le sente dentro al proprio petto.
L’uditore che sente le voci esterne si sente come intrappolato in una stanza in cui è stato chiuso dentro a chiave e dalla quale non può uscire fuori. Ma chi sente internamente le voci si sente intrappolato nella stessa stanza e sconvolto dalla paura di uscirne, indipendentemente dal fatto che la porta sia stata chiusa a chiave o meno.

Suoni, voci e l’intima esperienza di scoprirsi uditore
Come si manifestano

Gli uditori quando sentono le voci provano una sensazione identica a quando ascoltano qualsiasi altra cosa, indipendentemente dal fatto che quella sensazione fisica sia provocata da una condizione interna o esterna. Da qui la prima distinzione del sentire voci interne ed esterne.
Sentire una voce avendo la consapevolezza che è una percezione che non ha una fonte esterna riscontrabile è un’esperienza terrificante. Un uditore che invece percepisce solo suoni e non solo voci non si considera facente parte di una categoria di persone che sentono voci, e così è anche per coloro che sentono solo la musica. Si sentono in una situazione di assoluta mancanza di verificabilità ma non provano subito quel terrore che pietrifica emotivamente. In teoria il terapeuta, come lo psicologo e lo psichiatra, non dovrebbero cambiare la visione del mondo dell’uditore, analizzando tanto il fatto in sé e per sé, ma il modo in cui viene loro raccontato.
L’attimo del racconto della propria voce è vissuto come un momento di vita personale molto intimo, ragione per cui è necessario percepire il suo contenuto insieme a tutto ciò che ad esso viene associato.
Il sentire voci dentro la propria testa, dentro ai propri pensieri, dentro al bagno mentre si fa la doccia, a letto prima di dormire, o mentre si mangia, penalizza assai pesantemente l’esternazione, a prescindere dal luogo e dal momento in cui essa avvenga. Chiedere “come senti la voce?” è come chiedere “come vivi la comunicazione?”. Sentire una voce presuppone una relazione interna od esterna e dare reciproco sfogo ad essa vuol dire sanificarla. È molto importante impadronirsi del messaggio che manda perché solo in seguito si capirà a chi lo manda e chi lo manda. Questi sono i presupposti per creare una relazione con l’uditore affinché si trovino insieme i risvolti positivi nella relazione con la voce. È in questo vivo ed intenso scambio relazionale e d’affrontamento che si giunge ad affermare che le voci negative si possono positivizzare.
Le voci si possono sentire internamente, ovvero le parole che si formano sono sentite, ad esempio, attraverso il respiro, all’interno delle tempie, alla base del cervelletto posteriore, nella parte anteriore frontale, all’altezza del petto, attaccate alle orecchie, ecc.
Le voci che si sentono esternamente, invece, si differenziano molto dalle percezioni interne perché vengono sentite al di fuori di un qualsiasi organo fisico, quindi si possono sentire a destra come a sinistra, anteriormente o posteriormente, dall’alto o dal basso, vicine o lontane. Nella maggioranza solo con le voci esterne si può meglio distinguere se la voce è quella di un uomo o di una donna, di un anziano o di un bambino.

Il manifestarsi diversificato delle voci
Come possono essere

Le voci possono essere positive o negative, spiritose o critiche, complimentose o spiacevoli.
Vi può essere la voce che affligge, nel senso che attacca e si sofferma su un avvenimento o su un fatto per esasperarlo. Questa viene recepita come un’esagerazione e che mantiene in uno stato di ipervigilanza continua. La voce che affligge è estenuante perché ripete una stessa frase o il medesimo comando per ore, ripetutamente, senza soste!
La voce può essere discriminante quando prende una posizione su una religione o su un’ideologia, rendendo la realtà esattamente opposta a ciò che è. Si esprime con toni perentori facendo credere di essere l’unica a conoscere la verità, unica e sola.
La voce può essere positiva e ottimista quando vuole dare speranza, anche quando è fuori luogo. La sua positività è talmente ripetitiva che agli occhi e orecchie di un non uditore è difficile pensare di poter arrivare a crederle sempre. La realtà è che questa, pronunciandosi con una ripetitività estenuante, rende difficile il restare lucidi e controllati.
La voce percepita come strisciante dà sensazioni solo negative, in quanto si sviluppa sempre in modo implacabile ed avanza in continuazione, sempre nella propria testa.
La voce strisciante a volte è definita anche suadente, in quanto il parlare viene percepito in toni confidenziali.
La voce che parla sotto forma di aneddoto conquista spesso il sorriso interiore dell’uditore, perché si espone con parole inedite e in forme alquanto curiose. Chi sente questa voce tende a soprannominarla “l’Amica/o”.
La voce può essere penetrante quando parla in toni molto acuti e quando scaglia il proprio tono in modo vivido, tanto da far arrestare, quasi come se si fosse in attesa di qualcosa che deve necessariamente accadere. È tra le voci che incute maggior paura.
Un tipo di voce che non ti fa mai sentir solo è la voce commentante. Appena l’uditore pensa a qualcosa la voce la commenta; appena l’uditore esce dal suo comportamento, commenta l’atteggiamento entrante, oppure commenta in continuazione il comportamento di ogni persona vicina all’uditore.
Le voci alle quali l’uditore sente di non appartenere per nulla sono quelle definite dialoganti: conversano tra di loro, confrontano tra sé le proprie opinioni e creano, da ogni piccolo e minuscolo fatto, un dialogo.
In un contesto temporale le voci hanno anche una durata e un ritmo. Vi sono voci rapidissime e altre con cadenze più tranquille ma persistenti. Quando l’uditore, ad esempio, si esprime con parole del tipo “la voce è martellante”, significa che la voce ha una forma d’espressione altamente ritmica. Per questa ragione se, successivamente, gli viene chiesto quale intensità ha, la risposta sarà immediata e riguarderà la forza penetrante con cui la sente.

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