Come si affrontano
Affrontare le voci
Come agire nella condizione di uditore
La malattia diviene vera malattia quando mette in evidenza il fatto che non si è trovata una risposta al perché si soffre.
A volte i bei discorsi, che sembrano ben equilibrati e dosati da parole mediche inoffensive, possono restare soltanto bei discorsi, se il parlare lascia il cuore arido e insensibile. Ognuno deve darsi una risposta al perché soffre.
Perché si soffre?
Dentro la sofferenza di un uditore
Chiunque può aiutare un uditore di voci a capire perché soffre così tanto a causa del sentire le voci. Poco importa se la sua risposta sembra stupida; importa soltanto che quella sia la sua vera risposta alla propria sofferenza.
Purtroppo, quando soffriamo, non solo soffriamo, ma facciamo soffrire. Dire a un uditore di voci che la sua sintomatologia rientra in uno stato di malattia mentale che non può migliorare, è come dire a una persona che ha un tumore dal quale non potrà mai guarire. Quante persone hanno cercato il suicidio di fronte alla consapevolezza di una diagnosi tumorale certa?
L’armonia non va ritrovata solo all’interno di una mente buia con un corpo trascurato, ma anche nella consonanza tra quello che diciamo e quello che pensiamo.
L’affrontamento delle voci
Punti chiave per l’affrontamento
- Affrontarle è un’esperienza importante per trovarne il significato e non una diagnosi. Parlare con le voci significa comprendere e togliere i sensi di colpa derivanti dal non fare niente per non sentirle. Scoprire che esistono modi diversi per confrontarsi con le voci, aiuta anche a prenderne la distanza e soprattutto rafforza il potere dell’uditore.
- Affrontare le voci per un uditore significa esporsi deliberatamente a qualcosa che è difficile e doloroso, ma farlo insieme ad un professionista esperto dell’affrontamento significa trovare il significato.
- Instaurare relazioni con le voci aiuta l’uditore ad entrare in accettazione con esse. Il processo di affrontamento aiuta a sviluppare una maggiore consapevolezza sulla visione personale del proprio passato e del proprio presente.
- Sentire le voci, per l’uditore, è un’esperienza vissuta nella solitudine più totale, per cui permettere ad altri di sentire le voci è liberatorio, mentre per i familiari è utile a comprendere la reale esperienza vissuta dal proprio caro.
Affrontare le voci diventa anche un momento in cui l’uditore osa chiedere all’operatore cose che ha disimparato a chiedere. Logicamente l’affrontamento delle voci deve essere proposto come una richiesta che permette all’uditore di scegliere la risposta, senza quindi provocare disagio in lui e lasciandogli la massima libertà di rifiutare o di accettare. Da qui l’uditore comincerà a capire di poter scegliere, di poter di nuovo chiedere qualche cosa che gli donerà la speranza di comprendere.
Cosa fare
Quando le sue emozioni di dolore e di sofferenza lo sovrastano, il desiderio di vivere un percorso diventa solo un bisogno di uscirne.
A causa delle voci, la vita di un uomo inizialmente equilibrato può trasformarsi da tranquilla ricerca di apprendimento attraverso esperienze a necessità urgente di trovare uno spazio, un luogo e un tempo che rappresentino respiro e calma interiore: sensazioni spasmodicamente cercate verso la via d’uscita.
Un uomo che sente le voci sarà salvo nel momento in cui troverà i propri sentimenti nella propria normalità e agirà con la propria mente dopo aver consultato il proprio cuore.
Sia per l’uditore che per il terapeuta le voci sono estranee, in quanto sconosciute, per cui entrambi hanno un’esigenza di identificazione. Solo le voci si muovono come se conoscessero perfettamente sia l’uditore che il proprio terapeuta.
Ogni giorno si calpestano terreni sconosciuti, ma sentire le voci è come sentirsi costretti a dover fare una mappa per trovare il sentiero che porti verso la tranquillità e ad una via di uscita.
Lo stesso terreno sconosciuto però, creando una relazione di comunicazione tra l’uditore e le voci, può divenire il più ricco dei sentieri conosciuti perchè le parole pronunciate dalle voci celano il significato dell’esserci delle voci stesse.
In questo spazio di analisi e di vero e proprio affrontamento, si approfondiscono e si valutano le motivazioni delle voci, in modo da consentire alla persona che le sente di trovare le proprie strategie di affrontamento.
E’di fondamentale importanza stimolare la creazione di questo spazio, con l’obiettivo di trovare i legami e le correlazioni delle voci con fatti ed eventi traumatici vissuti dalla persona in oggetto. Quest’analisi dà la possibilità di comprendere le voci solo dopo aver trovato una relazione tra esse ed un fatto realmente accaduto. In assenza di un trauma identificato vi può essere un convincimento razionale che dà comunque sempre una spiegazione alla voce.
(vedi Affrontamento delle Voci del Manuale – mettere link libro)
Una voce nasconde il significato di un’esperienza.
Le voci contengono informazioni e come tali vanno analizzate.
Ciò che non tutti sono disposti a comprendere è che accettare questi spazi significa creare un nuovo atteggiamento da parte dell’uditore, delle voci, dei familiari e dei professionisti. Non analizzare le correlazioni delle voci significa non usare le risorse che si hanno a disposizione.
In questi gruppi vengono attuate pedissequamente le linee guida dell’Auto Mutuo Aiuto che sono state seguite per la prima volta dall’Associazione Anonima Alcolisti.
Grazie alla condivisione dello stesso problema che accomuna tutti i partecipanti e grazie anche ai colloqui personali che si fanno con gli esperti per esperienza (persone competenti non per professione bensì per esperienza personale), con gli psicologi e con gli psichiatri, si educa a interiorizzare sempre più ciò in cui maggiormente si crede.
Per ricominciare a credere bisogna ricominciare a desiderare ed infatti questo è tra i primi compiti che vengono assegnati durante questo nuovo processo di educazione.
Nei gruppi di auto mutuo aiuto di uditori di voci i membri parlano tra loro della paura, si scambiano per prima cosa le informazioni legate al tempo, ossia: da quanto tempo sentono le voci, quanto tempo queste permangono nell’arco di una giornata, quanto tempo dura il dialogo o l’ascolto, ecc., senza accorgersi che, esaminando questo tempo, scoprono lentamente tutti quei piccoli passi che hanno contraddistinto le varie intensità emotive che vanno dal timore all’apprensione, dalla preoccupazione alla paura vera e propria, per poi toccare quegli stati-limite che vengono comunemente chiamati terrore o immobilità interiore. Quando si vive l’esperienza della paura intensamente nel presente, la proiezione immediata del vissuto di questo feno- meno nel futuro è impercettibile. Se si sente una voce che dà comandi negativi, oltre a paralizzare i pensieri, fa vivere un’esperienza d’immobilità nell’intera sfera cognitiva, selezio- nando sempre di più l’attenzione al comando.
E anche quando non si sente quella voce si ha paura di fron- teggiarla per paura che la stessa possa ritornare a comandare.
“Frequentare il gruppo di auto-mutuo-aiuto di uditori di voci mi aiuta tantissimo perché sapere che vi sono altre per- sone che come me sentono le voci è rincuorante. Non mi fa sentire sola, anzi mi fa sentire parte di un gruppo di persone che sentono e provano le stesse cose che provo io.
Vivono la mia stessa realtà. Quando una persona vive la tua stessa realtà non ha bisogno che gli vengano spiegati tanti particolari, li conosce già tutti, se non addirittura, più di te.”
Paola
E’ una questione molto delicata. La base è il rispetto.
Perché un uditore di voci possa parlare occorre dargli l’occasione di essere ascoltato.
E perché lo sia veramente per prima cosa bisogna tacere, non solo nel senso di non parlare, ma soprattutto mettere a tacere l’impulsività, il bisogno di esprimersi, di convincere, di chiedere, di spiegare e soprattutto di esporre i propri sentimenti e/o consigli.
Concedere questo spazio significa:
- Accogliere tutto ciò che viene detto
- Partire dal presupposto che tutto ciò che viene detto corrisponde a verità
- Essere liberi da ogni pregiudizio nell’ascoltare
E’ importante accettare l’uditore di voci con tutte le sue esperienze, per come le ha percepite, per come le ha vissute e per come le sta percependo.
Ogni voce ha proprie caratteristiche di tempi, di toni e di contenuti e ad ognuna di esse si associano pensieri e infiniti sentimenti. È come se dietro ad ogni voce si nascondesse una simbologia.
Ma a quale scopo?
Riallacciare le relazioni che, per mancanza di comunicazione o per mancanza di ascolto, si sono interrotte.
Il processo dell’affrontare le voci è un processo di cambia- mento volto a comunicare con le voci prima e migliorare il modo di comunicare con gli altri poi.
Aiutare l’uditore a comunicare con le proprie voci significa aiutarlo a comunicare con se stesso.
Per questo motivo è importante dedicare anche uno spazio di comunicazione che possa offrire la possibilità all’uditore di co- minciare a riconoscere quei sentimenti ormai dimenticati e sommersi dalle voci udite. Sentendosi, ovvero sentendo di nuovo le proprie emozioni, potrà riconoscere prima di tutto nuovi spazi interiori ed in secondo luogo aprirsi verso gli altri.
Le parole che durante un colloquio pronuncia un professionista o un genitore esperto che ascolta, servono per porre domande aperte e sincere, alle quali però l’altro non è indotto a rispondere con un secco no o sì, bensì a comprendere in che modo si sviluppano certe dinamiche. E’ così che una domanda percepita con sincerità diventa fonte d’approfondimento.
Cosa non fare
Una persona malata di paura, come un uditore di voci, deve essere motivata a cercare un senso della propria vita, aiutata a riconquistare ciò che era prima.
Se una madre dirà a suo figlio uditore: “per cortesia fai il bravo, stai tranquillo che così stiamo tutti bene”, è come se dicesse “stai buono altrimenti anch’io ho paura… e non so cosa fare”.
Se un dottore dirà a un uditore “non fare così” senza sapere perché fa così, “perché altrimenti dovrò ricoverarti”, userà lo strumento della paura!
Si può insegnare a non dire parolacce a un figlio se abitualmente si parla in casa facendo le proprie frasi di parolacce? Si può raggiungere la verità delle cose se si usa la paura? Ovviamente no!
L’assenza di informazioni non offre visibilità alla comprensione, all’aiuto…
E’ certo che per arrivare alla comprensione la prima terapia è quella di parlare delle proprie paure.
Un amico o un dottore che dice: “guarda che la tua paura è possibile risolverla, parliamone” è la migliore terapia che porta inevitabilmente alla guarigione.
Il vero dramma della vita è fare amicizia con la paura, mentre il vero dramma della vita per l’uditore, paradossalmente, è fare amicizia con la sua paura e non con le sue voci.
Il che significa che l’uditore potrà accettare le sue voci quando non avrà più paura di queste.
Se aiutiamo l’uditore a superare la paura, di conseguenza e automaticamente egli supererà anche la sofferenza connessa e non aspetterà che gli succeda qualcosa di peggiore; quindi se è in ansia per paura d’impazzire non aspetterà di sentirsi terrorizzato e pazzo.
Ogni individuo di fronte ad una sofferenza cerca sempre di capirne la causa o il colpevole.