Domenico Fargnoli
martedì 22 ottobre 2013 11:22
Dalla storia di Eleanor Longden e Cristina Contini, i tanti perché del fallimento della psichiatria organicista e dell’antipsichiatria.
Eleanor Longden è una psicologa inglese che fa parte del Comitato internazionale per la revisione critica del DSM-V. Ha una storia personale molto singolare in quanto ha subito, all’età di quattro anni un abuso sessuale da parte di un gruppo di pedofili sadici. Come racconta nella sua biografia ha sviluppato in conseguenza di ciò, un falso sé che le è servito a mascherare un evento dissociativo.
A vent’anni ha cominciato a sentire delle voci: è stata ricoverata e le è stata fatta una diagnosi di schizofrenia e trattata con antipsicotici. Aderisce al HVM (Hearing voices movement) un’organizzazione internazionale di coloro che, come lei, pur sentendo le voci, ne sono orgogliosi e non si ritengono malati. Segue un percorso di recovery, di riabilitazione che non è una therapy, una cura in senso medico, nell’ambito di un orientamento detto post psichiatrico o post moderno ispirato alla filosofia di Heidegger. Nonostante la diagnosi ed il trattamento medico, si laurea e specializza in psicologia clinica, mentre le voci divenute amiche, le suggeriscono le risposte agli esami. Nel 2013 partecipa al TED (una prestigiosa sessione di conferenze californiane) e il suo video online viene cliccato un milione di volte.
Nel suo libro “Learnig from the voices in my head” si legge che il concetto di schizofrenia, identificata con una malattia neurodegenerativa non ha alcuna validità ed è privo di senso. Il DSM-V sembra darle ragione: non c’è accordo fra gli psichiatri che cambiano continuamente impostazione. I deliri bizzarri e l’udire e conversare con le voci ( i noti sintomi di primo rango secondo Kurt Schneider) sono stati declassati e non sono più gli indicatori principali di malattia. I sottotipi (simplex, ebefrenico, paranoide e catatonico) che risalgono alla famosa monografia del 1911 di Eugen Bleuler, “Dementia praecox od il gruppo delle schizofrenie”, sono stati aboliti perché ritenuti inutili ai fini di quello che sovente è solo un trattamento farmacologico.
Eleanor Longden aderisce alla tipica antinosografia del pensiero debole che non riconosce concetti universali come quella di “schizofrenia”, alla cosiddetta postpsichiatria che ha il suo principale esponente in Pat Bracken psichiatra e filosofo inglese. Quest’ultimo ritiene che sia possibile una buona pratica della medicina nel campo della salute mentale senza considerare il problema della diagnosi come fondamentale.
Mentre l’antipsichiatria, con Laing e Cooper, metteva in discussione la psicopatologia classica opponendo ad essa una visione alternativa, la psichiatria postmoderna rappresenta un elemento di corrosione “liquido” della pratica e della teoria della psichiatria attuale in tutte le sue declinazioni. Apparentemente si riconosce l’esistenza e l’importanza di quest’ultima ma sostanzialmente si svuotano di significato le categorie che le appartengono: il trattamento della malattia mentale potrebbe infatti avvenire anche al di fuori di un impostazione medica essendo effettuato da persone senza nessun altro requisito che la propria personale esperienza.
Quello delle “voci” è un esempio paradigmatico: sentire le voci non solo non sarebbe malattia ma addirittura potrebbe costituire un punto di svolta per sviluppare nuove attitudini e competenze. In Italia, Cristina Contini testimonia un’esperienza analoga a quella di Eleanor Longden. La donna originaria di Modena ha avuto una vita caratterizzata da quelle che lei ritiene percezioni extrasensoriali. All’età di 19 anni, a seguito di una forte emorragia che la riduce in coma per l’emofilia dopo un intervento chirurgico, si amplificano in lei la “chiaroudienza” e la “chiaropercezione”.
Frequenta seminari in Galles per prendere consapevolezza dei suoi pieni doni spirituali attraverso l’insegnamento dei medium inglesi. Partecipa a convegni per aiutare persone colpite da lutti e tiene seminar! di meditazione guidata come crescita interiore. Presta la sua opera nella ricerca di persone disperse e si reca negli ospedali per comunicare con ragazzi in coma. È presidentessa dell’associazione Udire le voci che propone un iter formativo per psicologi e psichiatri, assistenti sociali in virtù di una professionalità acquisita sul campo. Afferma la donna: «Sento le voci da oltre 25 anni e dapprima le ho anche subite, benché per breve tempo [24 ore al giorno per tre anni]. Poi ne ho cercato il senso, la provenienza. Mi sono posta mille domande cui, purtroppo, a suo tempo, non sono riuscita a trovare né sui libri né su internet il materiale che desse una risposta circa un orientamento o un ridimensionamento del fenomeno. (.) Da sola ho compiuto un silenzioso percorso in totale autonomia in cui il chiedermi PERCHE’ SENTO LE VOCI è stato sostituito con CHE SENSO HA LA MIA VITA CON LE VOCI».
Il caso Contini è analizzato nel libro “Punti di svolta. Analisi del mutamento biografico” (Il mulino) di Laura Bonica e Mario Cardano. Il mutamento biografico di Cristina segna un passaggio dallo “stigma” costituito dalla allucinazioni auditive al “carisma”, alla vocazione e al servizio in quanto «ambasciatrice che Dio ha scelto sulla terra».
Anche la Longden si presenta come una persona speciale dotata di un carisma comunicativo che però parla un linguaggio altamente professionale sotto il profilo psicologico e psichiatrico, mentre Cristina Contini ha dei riferimenti culturali generici e ispirati al buon senso comune. Entrambe testimoniano che gli assunti della psichiatria organicistica sono erronei: fenomeni come i deliri e le allucinazioni anche se di primo acchito sembrano incomprensibili, come sosteneva Jaspers, in realtà possono, attraverso un lavoro di elaborazione, acquisire un senso.
Essi comunque non avrebbero significato se fossero considerati come il risultato di un “processo organico” di una rottura nella “continuità biologica della vita” indipendente dai fattori sociali e culturali. Il minus, il vulnus che dà luogo ad un processo psicopatologico, che non necessariamente va considerato organico, innesca una reazione di difesa e di autoriparazione: la persona cerca di inglobare nel proprio vissuto esistenziale ciò che appare come un vero e proprio corpo estraneo. Gli esiti di questo confronto sono molteplici e non necessariamente infausti a seconda dei contesti ideologici e religiosi e della capacità del singolo di mettere in moto un iter “terapeutico”, più o meno solitario, che è alla base di un mutamento biografico.
Sia Eleanor Longden che Cristina Contini sviluppano, anche se con tagli diversi, quella che potremmo definire “la sindrome di Giovanna d’Arco”. Le voci arrivano a comunicare una verità che alla base di un impegno sociale e motivano una missione che ha un significato di riscatto e di redenzione.
«Ero nel tredicesimo anno della mia vita, quando Dio mandò una voce per guidarmi. Dapprima rimasi spaventata: ‘Sono una povera ragazza che non sa né guerreggiare né filare’ risposi. Ma l’angelo mi raccontò che pietà fosse il regno di Francia e mi disse: ‘Verranno a te Santa Caterina e Santa Margherita. Opera come ti consigliano, perché loro sono mandate per consigliarti e guidarti e tu crederai a quanto esse ti diranno». Così racconta Govanna d’Arco.
Eleanor Longden, nella sua missione di rivelare nuove verità sulla realtà umana, fallisce là dove vuole sostenere che la schizofrenia non esiste: un’affermazione del genere per avere un minimo di credibilità dovrebbe essere sostenuta da una accurata ricostruzione storica ed analisi psicopatologica e non basata solo sulla critica dei presupposti organicistici e su un’ esperienza personale per quanto pregnante possa essere.
Anche Laing e Cooper sostennero una tesi simile ma nelle loro biografie riappare proprio quel monstrum della malattia mentale che essi avevano voluto estromettere dalla loro pratica clinica come si evince da quanto racconta Adrian Laing nella sua ricostruzione della figura del padre Ronald (R.D. Laing. A biography). Quest’ultimo andò incontro a un vero e proprio episodio psicotico (un anno passato in meditazione con un guru in India), qualcosa di diverso da una depressione, dopo il quale egli assistette al fallimento drammatico della propia vita professionale e familiare. Cancellare cento anni di ricerche psicopatologiche basate su di una casistica enorme non può essere fatto a cuor leggero e non è esente da gravi conseguenze.
Abolire le categorie classiche della psichiatria per cadere nelle braccia dello spiritualismo, della parapsicologia, della new age, per non dire della filosofia di Heidegger, nazista e psicotico lui stesso, non so se si possa ritenere un passo in avanti. Certo bisogna delineare una nuova concezione della schizofrenia che a quanto pare, è una malattia che è affrontabile con la psicoterapia soprattutto in quelle forme che non siano rese croniche da trattamenti farmacologici erronei o da preconcetti di incurabilità che la trasformino in uno stigma. Questo è quanto il sottoscritto con un gruppo di psichiatri della rivista scientifica “Il sogno della farfalla” cerchiamo di fare sulla base della teoria della nascita di Massimo Fagioli, portando avanti un progetto di ricerca che ha già prodotto contributi significativi che sono già stati e che verranno prossimamente pubblicati.
Sul piano della prassi terapeutica molti principi di quella strategia razionale che gli aderenti all’HVM (movimento degli uditori di voci) suggeriscono come strumento per affrontare le “voci” per noi sono da decenni delle ovvietà: è chiaro che la psicoterapia deve mirare a dare un senso a qualunque manifestazione sintomatologica o comportamentale di colui che noi continuiamo a considerare un paziente.
Però è necessario un quadro di riferimento concettuale, una conoscenza dei processi non coscienti, che ci consenta di distinguere le allucinazioni dalle immagini, dalle visioni, dalle audizioni in cui sia presente un contenuto di fantasia. Si tratta di esperienze apparentemente simili ma sostanzialmente diverse che possono coesistere od addirittura alternarsi ma che si deve essere in grado di separare: confondere le allucinazioni coi sogni o con l’immaginazione creativa, “l’immagine inconscia non onirica”, sarebbe un errore grave che più che farci progredire ci riporterebbe a due secoli fa, alle affermazioni di Esquirol riprese pedissequamente da Freud.
Ora la mentalità postmoderna, il pensiero debole che aspira a diventare postpsichiatrico non fa altro che riciclare vecchie concezioni contaminandole, ibridandole e spacciandole per novità che sono dei “fakes”: questi ultimi proliferano sul terreno in decomposizione della psichiatria del DSM-IV e V. Non a caso Allen Frances, chairman della task force del DSM-IV, dialoga con Eleanor Longden e ne subisce il fascino mediatico. Afferma che loro due sono likeminded, la pensano allo stesso modo. Nel libro Saving normal (2013), contro il furor diagnosticandi del DSM-V lo psichiatra americano sostiene che la schizofrenia non è una entità patologica “discreta” cioè definita. La schizofrenia sarebbe un solo un costrutto che ha un’utilità pratica, una pura convenzione. La distanza da Pat Bracken è solo nominale.
Quest’ultimo poi rilascia delle dichiarazioni che alludono ad idee che a noi sembrano note da sempre: «La mente – scrive – non è semplicemente un altro organo del corpo. È impossibile comprendere la malattia mentale senza comprendere le esperienze, i contenuti le relazioni ed i valori della persona e del suo contesto sociale. Un approccio puramente medico che funziona bene in cardiologia o nel campo della pneumologia è incompleto per la psichiatria. È nostro compito sviluppare un discorso medico che prenda una strada più larga».
Come dire che si scopre l’acqua calda, come se la prassi di Massimo Fagioli e del gruppo di psichiatri che si riconosce nella sua teoria non fosse esistito negli ultimi quarant’anni e la strada più larga non fosse proprio quella dell’Analisi collettiva. Ora nel campo della scienza l’ignoranza ed il non sapere, o il far finta di non sapere, è sempre colpevole.
La psichiatria postmoderna non solo è pertanto fuori dalla modernità ma anche dalla storia: essa è una delle tante schegge di quella deflagrazione catastrofica in cui sembra essere precipitata, secondo Allen Frances la psichiatria “moderna” asservita alla tecnologia farmaceutica ed al miraggio delle neuroscienze ed alla loro pretesa, che dovrà ancora molto attendere, di soppiantare la psicopatologia. Come afferma Frances proprio nel suo ultimo comemnto pubblicato in queste ore sull’Huffingtonpost Science: «Passeranno probabilmente molte decadi prima che le neuroscienze possano avere un significativo impatto sulla pratica della psichiatria. La stupefacente complessità del funzionamento cerebrale continuerà a mettere in scacco qualunque facile e frettolosa risposta».
Articolo originale pubblicato dallo psichiatra Domenico Fargnoli sul suo sito domenicofargnoli.com
Babylonpost – La sindrome di Giovanna D’Arco