Chi sente le voci non è malato
chi sente le voci non è malato Il nuovo Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali parla chiaro: avere allucinazioni uditive è del tutto normale per gli uomini. Il decano di psicologia clinica italiana, ordinario di psicologia a Padova e autore di numerosi testi sull’argomento Alessandro Salvini commenta con Affari: “La psichiatria ha sempre stigmatizzato questi fenomeni, considerandoli sintomo di psicosi. Da oggi invece, con il nuovo Dsm, non sarà più così: le allucinazioni uditive, le cosiddette voci, sono presenti, secondo i dati che la psichiatria accetta e fornisce su un range di popolazione normale che va dall’8 al 15%”.
INTERVISTA
Svolta nella psichiatra dopo le pubblicazioni del noto medico Mario Maj. Chi “sente le voci” non è necessariamente un soggetto malato. Non solo. Avere allucinazioni uditive è del tutto normale per gli uomini. E’ scritto nell’ultima revisione del Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders («Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali»), noto anche con l’acronimo DSM, uno dei sistemi nosografici per i disturbi mentali più utilizzato da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo, sia nella clinica che nella ricerca.
Così tutti quegli studiosi che per anni hanno sostenuto e studiato questo fenomeno (come Enrico Molinari, Maria Quarato e Cristina Contini del movimento Parlo con le voci) hanno vinto, ottenendo dalla comunità scientifica il riconoscimento di questo principio. “Finalmente la scienza si accorge che possono esserci allucinazioni in soggetti normali”, commenta il decano di psicologia clinica italiana, ordinario di psicologia a Padova e autore di numerosi testi sull’argomento Alessandro Salvini. “Ho speso parte della mia vita a scrivere sulle allucinazioni in soggetti normali e accolgo con grande soddisfazione la dichiarazione del professor Mario Maj, che ammette che l’8-15 % della popolazione ha allucinazioni acustiche senza essere psicotico. Per anni sono stati stigmatizzati fenomeni che in molte persone sono naturali e che antropologicamente richiamano alle voci degli antichi padri ebraici e greci, da Platone a Mose, o anche Jung, che era anche lui uditore di voci per parlare della contemporaneità”.
Che cosa significa in sintesi la pubblicazione del professor Maj?
“Significa che le allucinazioni uditive, le cosiddette voci, sono presenti, secondo i dati che anche oggi la Psichiatria accetta e fornisce (congresso Sopsi 2012) su un range di popolazione normale che va dall’8 al 15%. Secondo noi i dati sono ancora più alti, riferendosi a persone che, almeno una volta a settimana, sentono una voce”.
In che senso questa “scoperta” può essere considerata rivoluzionaria?
“La psichiatria ha sempre stigmatizzato questi fenomeni, considerandoli sintomo di psicosi. Se è vero che le allucinazioni possono essere presenti nelle psicosi e in molte altre patologie (epilessie, tumori cerebrali, demenze) è altrettanto vero che l’udire voci, senza avere nessun altro sintomo, non ha rilevanza dal punto di vista patognonomico”.
Quindi da oggi si considerano soggetti sani anche coloro che sentono le voci…
“Sì, la psichiatria internazionale oggi, con il nuovo Dsm, che uscirà a maggio del 2013, non considera più le voci come sintomo di primo rango e le ritiene finalmente insufficienti, da sole, per formulare una diagnosi di psicosi. Dai nostri studi all’Università di Padova abbiamo campionato centinaia di persone, uditrici di voci, non rilevando alcuna traccia di psicosi”.
E allora da che cosa dipende questa sensazione che non ha un riscontro nella realtà?
“L’antropologia ci ha insegnato a capire che l’attitudine ad ascoltare voci è presente in ognuno di noi. Validi contributi sono stati forniti dallo studioso Julian Jaynes (” La mente bicamerale”) e da altri grandi autori.
La storia, da Mose, a Gesù, a Buddha, ricordando le grandi religioni, sino ai giorni nostri, attraverso Jung o attori famosi come Anthony Hopkins o Penelope Cruz, ci insegna che l’udire voci è un’esperienza umana”.
E scientificamente come si inquadra questro fenomeno?
“Di recente la psichiatria, che oggi ha accettato questo assunto, ha iniziato a parlare di una sindrome subclinica che si chiama psychotic like experience, che riguarderebbe il 20% degli adolescenti e l’8% delle persone e che presenta sintomatologie simili alle psicosi che, però, scompaiono nel 75-90% dei casi. Purtroppo, nonostante queste percentuali (e nonostante poche persone del gruppo rimanente transitino verso le psicosi) la psichiatria ritenta di patologizzare una situazione che considera, essa stessa, transitoria”.